Letture.org - mercoledģ 21 ottobre 2020
![]() Prof. Giovanni Di Stefano, Lei è autore del libro Cartagine oltre il mito. Prima e dopo il 146 a. C. edito da Oltre: in che modo lo stereotipo ancora oggi imperante dell’alterità della città nordafricana rispetto a Roma ne condiziona l’immaginario collettivo?
Questa convinzione della diversità culturale rappresentata nel mondo mediterraneo nell’antichità da Roma e Cartagine è reale. E certamente nel nostro immaginario collettivo gli avvenimenti delle tre guerre puniche hanno contribuito ad alimentare il senso di una diversità culturale. È una percezione che bisogna possedere per sviluppare una curiosità di ricerca e di approfondimento che dobbiamo alimentare ben oltre il mito e gli stereotipi. La ricerca storica moderna che deve scrivere la storia delle civiltà ha a disposizione sterminati ambiti: la storia dei commerci, la storia delle città, l’organizzazione economica e le dinamiche sociali, la cultura materiale. Questi sono i nuovi orizzonti oltre i miti. Cosa rivelano le più recenti indagini archeologiche in merito alle varie componenti del più antico nucleo urbano della colonia fenicia e quali furono le motivazioni che portarono all’insediamento della Colonia? Ovviamente alle spalle di questo processo ci sono innumerevoli motivazioni politico-commerciali: la crisi della monarchia di Tiro, la mobilità dei mercanti fenici, le nuove strategie commerciali delle élite orientali. In questo contesto della fondazione di qrt hdst (della “città nuova”) oggi la recente ricerca archeologica tende anche a valutare due nuove prospettive: il dinamismo dei centri indigeni dell’interno in rapporto ai mercanti orientali e fenici e la presenza nell’emporio coloniale di ceramiche attribuibili al tardo geometrico, forse attribuibili a ad una componente euboico-calcidese. Negli scavi del tophet, eseguiti da P. Cintas negli anni 1944/47, furono rinvenute due deposizioni rituali (denominate la chapelle Cinta e la cyclette di dêpot de fòndation) con anfore, brocche, skyphoi di fabbriche rubriche databile alla metà dell’VIII sec. a. C. Ceramiche simili a quelle rinvenute nel tophet di Cartagine, nei livelli più antichi, sono state rinvenute in occidente in Italia meridionale, in Etruria e in Sicilia proprio in coincidenza con le prime presenze di commercianti greci che prima della colonizzazione storica frequentavano i mercati del Mediterraneo. Il rinvenimento di questi vasi, certamente antecedenti al cimitero fenicio-punico, può essere riferito ad un contesto sacro, un santuario pan-Mediterraneo, dove commercianti calcidesi, o greco-orientali, facevano delle offerte. Anche nei livelli più antichi dell’area urbana sono state rinvenute ceramiche greche. Cartagine intorno al 750 a. C. doveva essere un emporio internazionale e cosmopolita, come Cirene, Tocra e Naucrati. Quale dimensione internazionale e multiculturale riconquistò Cartagine dopo la tragica distruzione del 146 a. C.? La città romana di Augusto sarà una nuova Roma africana con i monumenti simbolo della civiltà romana previsti nel tessuto urbanistico. La colonia romana voluta da Augusto fu una “nuova” fondazione nell’ottica di pacificare il passato sotto l’egida del nuovo Principe. L’instaurarsi di un regime politico oramai integrato nel mondo romano ha di fatto consentito la rinascenza del ruolo economico della città in un Mediterraneo romanizzato. La presenza di una élite commerciale romana nella città di Cartagine sancisce il ruolo economico raggiunto con la pax augusta. Un monumento in particolare interpreta questo protagonismo internazionale della città: un altare che era stato dedicato alla Gens Augusta. L’altare era simile all’Ara Pacis. L’altare fu dedicato da Publio Perelio Edulo, un uomo d’affari che fece decorare il monumento con l’iconografia ufficiale romana: Enea in fuga da Troia, la dea Roma, Apollo e una scena di sacrificio. Cartagine diventa cosi la Roma africana. Come si articolava il grande progetto romano di urbanizzazione di Cartagine in età imperiale? leggi l'articolo integrale su Letture.org |
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